Giancarlo Parodi è indubbiamente uno dei più importanti e preparati
insegnanti italiani per strumenti a fiato ad ottone.

Ecco qualche sua risposta a quesiti sulla didattica in questo campo.




Tu Giancarlo hai avuto e hai tuttora moltissimi allievi con una discreta eterogeneità, a livello di età, tipo di preparazione precedente effettuata, e "inclinazioni" stilistiche.
Ti è capitato di trovare delle problematiche ricorrenti nei soggetti che incontri ?

La problematica ricorrente è quella legata all'utilizzo (corretto) del proprio corpo. Nella stragrande maggioranza dei casi il problema principale è quello legato alla respirazione, ma non solo: anche ad una tensione generale del corpo, quindi ad un utilizzo eccessivo dei muscoli per la produzione del suono. Quest'ultimo problema è piuttosto diffuso; forse i musicisti di musica leggera ne risentono un po' meno, ma rimane comunque un punto frequente.


A quali tipi di muscoli ti riferisci ?

Naturalmente mi riferisco principalmente alla zona labiale e ai muscoli facciali, ma il problema investe anche il tronco, cioè le braccia, le spalle e l'apparato respiratorio, quest'ultimo ovviamente dovuto ad una respirazione non corretta. Questi problemi si accentuano principalmente quando l'allievo cerca di produrre dei suoni nel registro acuto, ma non solo; è caratteristica comune di chi soffre di questi problemi quella di usare una "fisicità" eccessiva per produrre qualsiasi tipo di risultato sullo strumento.
Purtroppo ho riscontrato che chi non è andato a scuola di solito è impostato meglio da questo punto di vista: chi non ha avuto una impostazione "accademica", nella quale sono stati dati insegnamenti specifici sul modo di comportarsi per ottenere un certo tipo di risultato; chi ha avuto un approccio più naturale, più semplice, che è andato per induzione ad ottenere determinati risultati si muove in maniera più libera.
Chi ha fatto studi accademici più spesso si ritrova "imbottigliato" a causa di questo comportamento eccessivo da un punto di vista fisico; manca quella naturalezza e spontaneità che ti permette di utilizzare, con una buona respirazione, il corpo in armonia e con semplicità rispetto a ciò che si deve fare con lo strumento.


Quindi, ai fini delll'instaurare un rapporto fisico corretto con lo strumento, sono fondamentali i primi anni di studio, o comunque la fase dell' "impostazione"...?
Da lì apprendi come ti devi muovere e ti muoverai sempre così ?

Il corpo si muove per memorie muscolari: se io imposto delle memorie muscolari al mio corpo, anche se non naturali, dopo un po' di tempo diventano abitudine, situazione nella quale è più difficile discernere tra un comportamento corretto ed uno scorretto.
Dai risultati capita poi in genere di arrivare a comprendere quando un comportamento è da definirsi scorretto, ma poi naturalmente è difficile cambiare delle abitudini consolidate, per cui un soggetto ha bisogno di nuovi modelli, nuove istruzioni da dare al proprio corpo.
Quando un giovane allievo comincia a suonare e gli viene detta una determinata cosa, egli fa prestissimo ad apprenderla sia come concetto che come fisicità, e a volte andando contro natura.
Di conseguenza si innesca un meccanismo che lì per lì non comporta nessuna difficoltà e nessun tipo di problema (per via di un esuberanza e spontaneità notevole presente nei soggetti più giovani).
Poi, con gli anni, un cattivo comportamento da un punto di vista fisico porta a delle carenze, dei deficit muscolari che ti portano ad avere dei cali notevoli da un punto di vista della qualità del suono e della sua produzione, e naturalmente dell'efficacia.
A quel punto bisogna andare a riscoprire dei meccanismi naturali di comportamento; va detto che non possiamo definire "naturale" il suonare uno strumento a fiato, ma per quanto possibile bisogna cercare di attenersi ad un comportamento naturale ed in equilibrio con ciò che si sta facendo.


Il fatto che questi problemi siano più frequenti nei soggetti che hanno effettuato studi accademici è da imputarsi al tipo di metodologia, alla letteratura didattica che si utilizza o all'insegnante ?

A tutte queste cose naturalmente, perchè un certo tipo di letteratura è ovviamente complessa per chi deve iniziare e anche all'insegnante perchè si attiene esclusivamente alla letteratura che viene proposta per i primi anni di studio accademico e di conseguenza le due cose sommate fanno sì che le difficoltà siano enormi. Quando si iniziano a fare i cosiddetti suoni naturali dello strumento, partendo ad esempio dalla tonica e andando subito alla quinta....sono già degli intervalli estremamente ampi e per un ragazzino sarebbe molto più facile schiacciare dei pistoni e suonare per gradi congiunti piuttosto che fare da subito una nota più alta rimanendo nela stessa posizione.
Comunque non è solo questo il problema; basterebbe dargli un indicazione visiva (l'immagine è una delle prime cose che fissiamo nel nostro cervello): un indicazione semplice come quella di spegnere una candela e mettergli poi la candela più lontano, ecco che uno produrrebbe già un suono di altezza diversa. Ma alcuni insegnanti non ti dicono questo, ti dicono: stringi, chiudi, spingi...e questi sono meccanismi che si fissano in maniera indelebile nella nostra mente e creano nel tempo dei danni non irreparabili, ma comunque sufficenti ad acquisire un approccio improprio allo strumento.


I programmi ministeriali ritieni che siano adatti per acquisire un buon approccio con lo strumento ?

Non molto per la verità. In questo caso è a discrezione dell'insegnante inserire degli studi che siano un po' più sensati. Gli studi che si fanno in Conservatorio sono per certi versi di estrema difficoltà considerate le basi che vengono insegnate e per altri versi sono di una semplicità estrema. Sta all'insegnante cercare dei metodi alternativi che diano l'opportunità di raggiungere un livello tecnico che faccia sì che quando vai ad affrontare le pagine musicali come quelle per il diploma o il diplomino non si pensi più a come si deve fare per ottenere una nota alta, una bassa, a come produrre uno staccato veloce. Queste cose non dovrebbero neanche essere pensate; bisogna aver inserito dei buoni meccanismi prima, facendo delle cose estremamente semplici, cosa che invece spesso non viene fatta. Di solito si parte con una tecnica eccessivamente complessa per un principiante. Questo è frustrante perchè ovviamente noi continuiamo per degli anni a provare delle cose che non ci vengono bene, o che magari vengono bene una volta su cinque, assimilando un modo di suonare fatto essenzialmente di imprecisioni, processo che si amplifica negli anni, facendo maturare questo modo di suonare per errori sia da un punto di vista musicale che fisico.


Gonfiare le gote e/o il collo mentre si suona ?

Ci sono dei modelli (ad esempio Dizzy Gillespie) che non vanno presi come esempio.
Il gonfiare le gote rappresenta una dispersione di energia: l'aria bisogna cercare possibilmente di mandarla all'esterno pensando di incanalarla in maniera molto precisa e diretta nello strumento.
Un rigonfiamento nelle gote potrebbe creare qualche problema ai fini di un emissione pronta e ben controllata. Non possiamo definirla regola fissa, ma sarebbe comunque preferibile evitare rigonfiamenti eccessivi.






Uno dei metodi più popolari usato in Italia un po' in tutte le scuole è il Gatti....cosa ne pensi ?

Il Gatti, se utilizzato come unico metodo, crea qualche problema.
E' necessario affiancare anche altri metodi che diano la possibilità di acquisire un bagaglio tecnico tale per cui, quando arrivi sul Gatti e fai i classici studietti non sei frustrato perchè devi fare delle frasi troppo lunghe, devi suonare troppo in acuto, devi staccare troppo.
Quindi fare altri esercizi che ti preparino a ciò con molta più gradualità, arrivando poi agli studi ed esercizi del suddeto con molta più disinvoltura.
Quando si arriva sul Gatti non bisognerebbe avere più nessun problema da un punto di vista tecnico...


Una delle caratteristiche principali di questo metodo, come di altri simili, è che per diverse pagine non ha esercizi per gradi congiunti..

Infatti questo è uno dei suoi punti dolenti. E' importante cominciare dai gradi congiunti sullo strumento, e passare agli intervalli gradualmente.
E' più o meno come quando da piccolissimi impariamo a camminare.....prima un passo alla volta, qualche caduta, poi camminiamo, poi corriamo, e saltiamo...



Quali sono i metodi che tu utilizzi per l'insegnamento, e che ritieni fondamentali ?

Clarke, Arban, Bousquet, i "Flow studies" di Cichowicz, Brandt, Charlier, Pottag, le scale del Williams, James Stamp, Luis Maggio, Caruso, "Top tunes" di Smith




Giancarlo, quanto è importante secondo te lo strumento per uno strumentista a fiato ad ottone ?

Lo strumento diventa importante solo nel momento in cui uno inizia ad avere delle esigenze specifiche da un punto di vista del suono, e musicale. Agli inizi, e ancora per diverso tempo, è sufficiente che lo strumento sia intonato e in buono stato, e non ci sono problemi..


E il bocchino ?

Per il bocchino bisogna fare attenzione ad un paio di caratteristiche: che non sia eccessivamente grande nè eccessivamente piccolo; per il resto non ci sono grossi problemi.
Quindi anche in questo aspetto, meno "paranoie" si hanno e meglio è.



Quindi, parlando di un professionista già avviato, che suona lo strumento ad un buon livello tecnico, quanto incidono in percentuale lo strumento ed il bocchino sulla sua resa ?

Possono incidere un 15/20 %, non di più.
Porto spesso l'esempio dei musicisti Cubani e di quelli Russi che, non avendo la possibilità fino a qualche anno fa di accedere a strumenti costosi, di buona fabbricazione (americana per la maggioranza), suonavano con strumenti non proprio perfetti secondo lo standard attuale, e suonavano benissimo ugualmente.
E' evidente come questo aspetto sia in fondo marginale, o senz'altro non determinante.


Quando fai lezione, a volte fai utilizzare agli allievi alcuni accessori come l'anello, il buzzer, lo spirometro, il palloncino etc.
Quanto sono utili ?
Quando vanno usati ?
Quali sono gli indispensabili ?

Sono utili naturalmente se usati in modo intelligente.
Devono servire a prendere coscienza di un certo tipo di attività fisica, cosa che non sempre normalmente riusciamo a fare. La respirazione è un fatto talmente scontato, che normalmente non vi prestiamo attenzione, e nel caso specifico, non riusciamo a capire se lo stiamo facendo in modo corretto oppure no. Per suonare uno strumento a fiato occorre saper incamerare molta aria e utilizzarla in modo efficace; l'utilizzo di questi strumenti ci permette di capire e migliorare l'utilizzo dell'apparato respiratorio, ma vanno utilizzati senza diventarne schiavi. Una volta compreso il modo giusto, dobbiamo essere in grado di riproporlo sullo strumento, e in seguito, di mantenerlo.






Qual è secondo te l'età giusta per cominciare a suonare uno strumento ad ottone ?
Non esiste un età "giusta" per cominciare a suonare uno strumento del genere.
Se un bambino è troppo piccolo e non ha la forza per sorreggere lo strumento con disinvoltura, è ovvio che avrà problemi nel trovare un giusto appoggio sulle labbra e tutto il suo corpo non sarà ben bilanciato. Potrei dire comunque che un età indicativa per cominciare potrebbe essere tra i 9 e gli 11 anni.


Si dice che per suonare uno strumento, occorre essere "dotati"......che ne pensi ?

In parte è vero; ognuno di noi può avere una maggiore o minore facilità rispetto ad un altro a raggiungere determinati risultati.
Questo discorso però è estremamente delicato e complesso, perchè in realtà fisicamente siamo tutti in grado di produrre del suono e della tecnica. In un allievo che è agli inizi è estremamente difficile stabilire se ci sono più o meno potenzialità; nel tempo magari sarà possibile scoprire eventuali "doti" che possono fare la differenza. Di conseguenza affermare a priori un concetto del genere è sicuramente azzardato.


Riguardo a musicisti di grande fama con grandi doti tecniche, la mia impressione è che in qualche caso essi possano diventare dei modelli "negativi" per i giovani musicisti (a volte anche per i meno giovani).
Per fare un esempio: potrebbe Arturo Sandoval essere un modello "negativo" ?

Il rischio c'è. Nel momento in cui un allievo (o professionista) non ha gli strumenti adatti per affrontare un determinato problema tecnico, può essere frustrante avvicinarsi ad un certo registro o a certe difficoltà al momento troppo grandi per essere superate. Il risultato sarebbe un uso scorretto e forzato del proprio corpo, con conseguenze anche di natura psicologica. E' assolutamente indispensabile avere delle buone basi prima di poter eventualmente raggiungere risultati tecnici come quelli di Sandoval o di altri musicisti di quel livello.



Quali sono a tuo parere le migliori scuole a livello europeo e mondiale ?

In Europa di buone scuole ce ne sono diverse; probabilmente la migliore, o almeno quella più riconosciuta al mondo, è quella francese di Pier Tiboud. Poi c'è la scuola svedese con Bo Nilson e da lì le varie diramazioni. La scuola inglese, che qui in Italia non è molto conosciuta, è particolarmente efficace: è basata principalmente sulla musica da camera e orchestrale, più che su quella solistica, quindi con buone qualità dal punto di vista timbrico, di intonazione e articolazione, cosa che invece i francesi tengono meno in considerazione. Forse una giusta misura tra la scuola americana, inglese e francese rappresenterebbe il giusto equilibrio per suonare un po' di tutto bene.



Qual è la miglior qualità che deve avere un insegnante ?

Capire quali sono le caratteristiche dell'allievo, e quindi saperle sfruttare al massimo.
Dare le giuste direttive in base alla personalità che ti trovi di fronte, e non in base a dei preconcetti. Cercare di scoprire qual'è la cosa migliore per l'allievo in quel momento e dargli l'immagine giusta per riuscire a comprenderla e a raggiungerla.
Questo è sicuramente il modo più semplice per dargli la possibilità di credere in sé stesso e nella possibilità di farcela.